Il 25 ottobre è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale la modifica del disciplinare di produzione della DOP del Pecorino Romano. Nelle modifiche non è previsto che si vieti l’utilizzo di latte proveniente da allevamenti di pecore straniere, seppur allevate nell’area autorizzata alla produzione. Parliamo di razze come l’Assaf israeliana e la Lacaune francese, tipiche dei sistemi intensivi in stalla.
«Si tratta di una scelta che sgancia la DOP dalla Sardegna e la orienta ancora di più verso una produzione standardizzata, funzionale a chi controlla la trasformazione, non certo ai pastori – commenta Sardegna chiama Sardegna -. L’ingresso delle razze intensive spingerebbe verso nuovi allevamenti industriali, aumentando i volumi di latte ma non il reddito di chi produce. A perdere sarebbe chi vive di pascolo estensivo, mantiene la pecora sarda, tutela la biodiversità e garantisce un latte con caratteristiche uniche. La vera competitività della Sardegna non sta nella quantità, ma nella qualità che nasce dal pascolo estensivo. Per questo il modello da perseguire non può essere quello che rincorre la produzione a basso costo, ma quello che punta sul valore, sulla distintività e sulla coerenza con il territorio. Serve una strategia che riduca l’eccessiva dipendenza dal Pecorino Romano – che verrebbe ulteriormente incrementata con questo modello – e che valorizzi le aziende che adottano pratiche produttive e gestionali capaci di generare formaggi ad alto valore qualitativo, prevedendo strumenti concreti di monitoraggio e di tutela.»


















