I trasporti sono responsabili di circa un terzo delle emissioni di CO₂ in Europa. Decarbonizzare il settore è una priorità assoluta per contrastare la crisi climatica, soprattutto in territori vulnerabili come la Sardegna, dove gli effetti del cambiamento climatico si manifestano con crescente intensità: siccità prolungate, alluvioni ricorrenti ed eventi estremi sempre più frequenti. Gli incendi che hanno funestato la regione negli scorsi mesi ce lo hanno ricordato ancora una volta con drammatica forza.
Ridurre le emissioni non significa semplicemente convertire le auto private all’alimentazione elettrica, mantenendo invariato l’attuale modello di mobilità. Serve una rivoluzione del sistema che metta al centro l’efficienza, i trasporti pubblici, e la sostenibilità. E in questo la ferrovia rappresenta una risorsa strategica, eppure in Sardegna è ancora il fanalino di coda dei trasporti.
Le storiche criticità strutturali della rete ferroviaria sarda le impediscono di diventare lo strumento di sviluppo sostenibile che potrebbe, e dovrebbe, essere:
– treni a gasolio;
– linee a binario unico, che limitano frequenze e sicurezza;
– una parte della rete a scartamento ridotto, che ostacola l’interoperabilità;
– gestione frammentata tra RFI e ARST, che impedisce un servizio coordinato e sinergico;
– velocità di percorrenza molto basse, con punte di appena 30/40 km/h sulla rete ARST;
– assenza di trasporto merci su ferro, unica regione in Italia, seguita dappresso solo dalla Sicilia.
In questo scenario, l’intervento per la fornitura di due nuove unità di trazione a idrogeno, destinate alle linee ferroviarie Macomer-Nuoro e Monserrato-Isili, con un costo di 29,25 milioni di euro, approvato nei giorni scorsi dalla Regione, oltre ad un danno è una beffa per tutta la Sardegna e in particolare per la città di Nuoro, unico capoluogo italiano non collegato alla rete ferroviaria nazionale e per il quale è stato appena completato da parte di RFI uno studio di fattibilità per una moderna linea a scartamento ordinario Nuoro-Abbasanta che sarebbe un tassello fondamentale della riqualificazione infrastrutturale dell’area candidata a diventare sede del principale progetto scientifico dei prossimi decenni: l’Einstein Telescope.
Spendere milioni di euro con il solo effetto di cambiare il materiale rotabile quando le linee sono inadeguate non comporta un miglioramento del servizio e condanna le ferrovie a rimanere marginali nel sistema sardo della mobilità, e questo sarà una un grave freno allo sviluppo economico dell’isola. I nuovi treni a idrogeno, molto più costosi dei normali treni elettrificati che operano nel resto d’Italia, hanno una velocità massima di 100 km/h, ridicola rispetto agli attuali standard tecnologici, ma che non potrà essere neanche lontanamente raggiunta sui binari obsoleti, tortuosi e a scartamento ridotto sui quali dovranno arrancare.
L’uso dell’idrogeno comporta un notevole spreco di energia. Nel complesso, di ogni chilowattora generato da una centrale e usato per produrre idrogeno non rimane più del 30% quando l’idrogeno è utilizzato per ottenere nuovamente energia. In una linea elettrificata invece non ci sono trasformazioni e l’unica perdita è quella dovuta alla rete: il treno sfrutta utilmente l’80-90% di ogni chilowattora generato. Inoltre, per conservare l’idrogeno bisogna comprimerlo a pressioni altissime e/o a temperature bassissime con dispendio di grandi quantità di energia e importanti problemi di sicurezza.
La Sardegna è un’isola con una popolazione di poco più di un milione e mezzo di abitanti, che non giustifica la presenza di due reti indipendenti e non coordinate tra loro nelle infrastrutture, nelle tecnologie e nella gestione. Perseguire in questa divaricazione condanna il sistema a rimanere nella sua attuale marginalità e inefficienza.
Legambiente chiede che si investa nella modernizzazione e integrazione delle infrastrutture e nella realizzazione di una rete elettrificata e ben integrata a livello regionale.
Va ricordato inoltre che una mobilità efficiente delle persone e delle merci rappresenta il miglior modo di combattere lo spopolamento. Il report Pendolaria 2025 di Legambiente dimostra che le aree dalle quali si impiega più tempo per raggiungere i servizi essenziali sono quelle che le persone abbandonano di più.
«I cittadini sardi, come tutti gli italiani, hanno diritto a infrastrutture moderne e servizi efficienti – dichiara Marta Battaglia, presidente di Legambiente Sardegna -. È tempo di definire e garantire dei Livelli Essenziali delle Infrastrutture, affinché anche la Sardegna e il Mezzogiorno possano beneficiare degli
standard già presenti nel Centro-Nord. E migliorare l’efficienza della mobilità su ferro diminuendo i tempi di percorrenza e integrando la rete è il miglior strumento di lotta allo spopolamento. In questo consiste la Giusta Transizione verso la quale dobbiamo procedere con determinazione·»
«La scelta di investire in Sardegna oltre 300 milioni di euro nell’idrogeno tra treni, produzione e infrastrutture – aggiunge Giorgio Querzoli, responsabile scientifico di Legambiente Sardegna – rappresenta una scelta inefficace e controproducente. Cambiare il materiale rotabile senza intervenire sulla rete non migliora realmente il servizio. Il trasporto su ferro è una delle tecnologie che più si prestano all’elettrificazione e l’elettrificazione, oggi, costituisce lo standard in tutto il mondo. Perché scegliere una tecnologia diversa e indubbiamente più costosa e complessa? L’uso dell’idrogeno andrebbe riservato a quei settori nei quali non esistono reali alternative tecnologiche.»
Per colmare questo divario, Legambiente chiede un Patto di Cittadinanza che riconosca il diritto dei sardi a una mobilità sostenibile, efficiente e moderna. Solo così sarà possibile garantire equità, crescita economica e sostenibilità. Serve quindi un piano di investimenti strutturali che preveda:
– l’elettrificazione completa della rete ferroviaria;
– il raddoppio delle linee lungo la dorsale principale;
– uniformare lo scartamento su tutta la rete;
– l’aumento delle velocità medie di percorrenza;
– il collegamento della ferrovia con i porti;
– lo sviluppo del trasporto merci su ferro, lasciando al trasporto su gomma solo la distribuzione per le brevi tratte finali e l’ultimo miglio;
– la realizzazione di centri intermodali che rendano conveniente il trasporto su ferrovia sia per le persone sia per le merci.
Nella foto di copertina Giorgio Querzoli, responsabile scientifico di Legambiente Sardegna


















