Il pane lievita ma questa volta, purtroppo, non si tratta solo dell’infarinato che aumenta di volume e diventa croccante nel forno.
Questa volta si tratta della crescita del prezzo di produzione, dovuta ai rincari generalizzati di materie prime, energia e gas. Per questo se civraxiu, coccoi, moddizzosu ma anche rosette, schiacciatine, baguette, bananine e lingue senza dimenticare il pane alla ricotta o quello con le olive, costano sempre di più la colpa o la volontà non è dei panificatori ma dell’esplosione dei costi.
L’allarme arriva dalle imprese dell’arte bianca di Confartigianato Imprese Sardegna, un settore ormai da molti anni messo sotto pressione dalla concorrenza dei semilavorati e dalle grandi produzioni per iper e supermercati.
Nell’Isola i panificatori artigiani sono 732 con oltre 3mila addetti che quotidianamente fanno arrivare il prodotto fresco sulle tavole dei sardi.
Divisi tra produzione e vendita, in ogni periodo dell’anno rappresentano una importante figura di riferimento per tutti i consumatori: la notte lavorando nei laboratori e la mattina vendendo il pane nei punti vendita o distribuendolo casa per casa.
Quello della panificazione sarda è settore fondamentale per l’alimentare isolano. Secondo l’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, su dati Istat, ogni giorno si sfornano oltre 100mila tonnellate di pane fresco per oltre 800 i tipi di prodotto. Per ciò che riguarda i consumi, sono 730.510 famiglie sarde che in media spendono ogni mese circa 21 euro per acquistare civraxiu, moddizzosu, pane carasau, etc. Partendo da questo dato è possibile stimare che in media la spesa annua sostenuta da tutte le famiglie dell’Isola per l’acquisto di pane ammonta a 186 milioni di euro.
Gli aumenti dei costi energetici aggiunti a quelli del grano e delle materie prime, però, solo in minima parte hanno traslato la loro azione sui prodotti al consumo che, quindi, hanno continuano a registrare variazioni dei prezzi molto inferiori all’inflazione media e in linea all’inflazione alimentare.
Per questo i panificatori denunciano una situazione di inflazione anomala: crescono i prezzi di produzione ma l’economia è ferma e i consumatori fanno fatica a comprare perché il lavoro si è ridotto o c’è timore di spendere, con conseguente stagnazione dei consumi.
Inoltre sul settore grava anche la concorrenza del semilavorato estero.