La pandemia da Coronavirus, oltre a causare restrizione dei diritti e limitazioni delle libertà individuali, ha evidenziato le carenze strutturali del sistema sanitario sardo, incapace di porre un argine efficace al virus nei momenti dell’emergenza e, soprattutto, incapace di organizzare una rete territoriale adatta a prevenire i contagi e la diffusione dell’infezione.
Come conseguenza della pandemia, si è assistito inoltre alla sospensione delle attività di routine, ospedaliere e ambulatoriali, che stentano a dare quotidiana risposta agli elementari bisogni di salute della popolazione. I tagli operati sulla Sanità negli ultimi vent’anni hanno portato a una situazione socio-sanitaria dai risvolti drammatici e senza chiare prospettive di miglioramento futuro. Quotidianamente si ha notizia di carenze sanitarie, a tutti i livelli, per mancanza di medici o di personale assistenziale. Gli ospedali, soprattutto quelli periferici, sono continuamente in sofferenza e a rischio di chiusura di reparti o di servizi. Interi territori e intere comunità rimangono senza medici di base o pediatri, o senza guardia medica, per l’impossibilità di sostituire i medici andati in pensione o trasferiti in altri distretti. Quest’anno, la maggior parte delle guardie turistiche è stata soppressa, con ulteriore carico di lavoro per i pochi servizi territoriali presenti e soprattutto per i Pronto Soccorso.
Periodicamente, medici e pediatri si trasferiscono dalle zone interne della Sardegna alle città di Sassari e Cagliari per ricoprire incarichi vacanti, senza essere adeguatamente e prontamente sostituiti nelle comunità di origine. La programmazione nella formazione universitaria dei medici e nell’accesso alle scuole di specializzazione, con l’introduzione di un numero chiuso troppo restrittivo, ha determinato uno squilibrio eccessivo tra servizi esistenti (e richiesti dalla popolazione) e basso numero dei medici idonei a ricoprirli.
Finora, l’unica reazione della politica e delle autorità sanitarie a tale situazione è stata la chiusura di intere strutture, la chiusura dei reparti o la riduzione dei posti letto ospedalieri, la soppressione di sedi carenti di medici di base o di pediatri o di guardia medica. Questo ha comportato un forte disagio, soprattutto nelle zone interne e periferiche della Sardegna, già sofferenti per la mancanza di altri servizi essenziali. In ultima analisi, tutto ciò favorisce la tendenza allo spopolamento e all’abbandono dei piccoli centri.
Quotidianamente, i sindaci e i rappresentanti delle Comunità dell’interno chiedono rimedio alla carenza dei medici di base, dei pediatri, delle guardie mediche, e lanciano appelli contro la chiusura dei reparti degli ospedali periferici. Tali richieste e tali appelli si ripetono ormai da anni, ottenendo dalla Regione Sardegna solo promesse su promesse: niente di concreto è stato fatto sinora per porre o quantomeno cercare di dare soluzioni ai problemi sanitari della nostra Isola. Compito della politica, tuttavia, è esattamente questo: trovare soluzioni ai problemi, non nasconderli.
La Corona de Logu, assemblea degli amministratori locali indipendentisti della Sardegna, propone le seguenti misure.
• Sospensione o allentamento del numero chiuso al corso di laurea in Medicina, con incentivi presso le Facoltà della Sardegna agli studenti sardi, in modo da avere personale che alla fine della formazione rimanga nell’Isola: si potrebbe, ad esempio, abolire il test nazionale di ingresso e ripristinare quello delle diverse Regioni o Facoltà.
• Programmazione del numero di specialisti, con incremento delle specializzazioni di base grazie a borse di studio regionali indirizzate a chi conosce la lingua sarda e a chi è residente in Sardegna da oltre dieci anni.
• Programmazione formativa del numero di medici di base.
• Revisione dei parametri demografici per le zone disagiate al fine del conferimento degli incarichi di medicina di base o pediatria di libera scelta, associandovi incentivi economici per evitare l’abbandono delle zone interne da parte dei medici.
• Riorganizzazione della medicina dei servizi territoriali con la creazione di poliambulatori specialistici adeguati ai bisogni di salute della popolazione. In modo particolare occorre ripristinare una rete territoriale dei servizi di prevenzione, con campagne di informazione e/o di screening, al fine di limitare patologie invalidanti per le persone e dispendiose per la comunità, soprattutto quelle ad elevata incidenza (neoplasie, diabete, tireopatie, cardiopatie, etc.).
• Attivare una programmazione volta alla sensibilizzazione e alla cultura della prevenzione,
attraverso il finanziamento di vere e proprie campagne informative presso i Comuni e attraverso i media e gli istituti scolastici.
È a partire da queste misure che la Sanità sarda e il popolo della nostra Isola potranno tornare a fruire delle cure mediche e specialistiche necessarie, secondo i criteri di eguaglianza ed equità tra cittadini che le politiche regionali e statali degli ultimi anni minacciano alla loro stessa radice.
«Il Diritto alla Salute è il Diritto di vivere bene non quello di curarsi»
Prof. Visente Migaleddu