Sardegna chiama Sardegna lascia il tavolo della coalizione del centrosinistra. «È mancato il riconoscimento delle istanze politiche e metodologiche che, un mese fa, abbiamo posto come condizioni per un possibile accordo politico. Il movimento esprime nel dettaglio tutte le motivazioni in un comunicato diffuso sui canali social», dichiarano i portavoce, Danilo Lampis e Nicoletta Pucci.
«Abbiamo voluto verificare la capacità di discontinuità delle forze del centrosinistra, al fine di costruire un’ampia convergenza di scopo capace di affrontare le urgenze della nostra isola – aggiungono -. Per farlo, con la consapevolezza degli errori compiuti nelle esperienze di governo passate – a partire dal governo Pigliaru -, abbiamo chiesto al tavolo un riconoscimento politico delle istanze di cambiamento espresse da Sardegna chiama Sardegna, che in quest’ultimo anno ha raccolto 1.200 adesioni al suo appello (con una media d’età di 30 anni) e sviluppato un processo partecipativo imponente, con più di 50 incontri, fra assemblee territoriali, tematiche e generali. Il riconoscimento politico che volevamo verificare entro la fine di settembre, alla base di un possibile accordo politico-elettorale, non c’è stato. Il tavolo politico è stato messo in stand-by a causa dei dissidi interni alle forze maggiori e a dinamiche da Manuale Cencelli. Non si è aperta in questo mese una discussione condivisa e trasparente sul profilo e sui nomi di una candidatura alla presidenza che a nostro avviso avrebbe dovuto rappresentare una rottura con vecchie dinamiche e poteri, e garantire gran parte dei nostri 5 punti programmatici elaborati negli ultimi 10 mesi di processo partecipativo. Al contrario, si è appreso dai giornali dell’avvio di sondaggi per testare la popolarità di alcuni nomi mai discussi formalmente nel tavolo, né coinvolti in una discussione sul profilo politico e programmatico.»
«Nel tavolo programmatico avevamo chiesto che si definisse, sempre entro fine settembre, una cornice generale con punti programmatici dirimenti per la prossima legislatura, che fungesse da accordo politico preliminare e pubblico tra le diverse forze, e che venisse poi riempita a ottobre con un processo di ascolto sui territori e con l’apporto del candidato o della candidata alla presidenza, che deve partecipare in prima persona e da pari alla definizione della proposta. Non si è voluta ascoltare questa richiesta e si è inaugurato – fuori tempo massimo – un processo di co-progettazione che non legittima processi partecipativi ed elaborazioni pregresse. Non ci è stato dato modo di riproporre la necessità del limite del doppio mandato per la composizione delle liste, così come non abbiamo neanche ravvisato una ripresa dell’istanza di non candidare persone (che svolgono o hanno svolto funzione di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio) con condanne, anche solo in primo grado, per reati contro la pubblica amministrazione. Come ci conferma l’operazione “Monte Nuovo”, le istituzioni sarde sono compromesse da un’area grigia di clientelismo e malaffare e chi si candida al governo della cosa pubblica non deve avere ombre.»